Diciamo la verità; non penso che nessun giurista sarebbe stato pronto a scommettere 50 centesimi sulle possibilità che la legge 19 febbraio 2004, n. 40 sulla fecondazione assistita avrebbe superato indenne l’esame di costituzionalità; infatti, come previsto, lo scorso 1 aprile la Corte Costituzionale l’ha dichiarata incostituzionale sia dove bbligava la donna a sottoporsi ad un unico e contemporaneo impianto degli embrioni, fino ad um massimo di tre, sia dove non prevedeva che il trasferimento degli embrioni dovesse essere realizzato senza pregiudizio della salute della donna.
E probabilmente la sanzione dell’incostituzionalità avrebbe toccato anche altri punti della legge, se fossero stati rilevanti nel giudizio dove è stata sollevata la questione di costituzionalità.
Il risultato era scontato perché nella nostra carta costituzionale ci sono una serie di norme fondamentali che nel votare quella legge il legislatore ha fatto finta di non considerare:
l’art. 2, che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo;
l’art. 3, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana;
l’art. 13, più specifico, che inizia sancendo “la libertà persona è inviolabile”;
l’art. 32, il più importante in questo caso, che recita:
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Bene, ora provate a raffrontare questi principi costituzionali con quelli alla base della nuovo proposta di legge sul testamento biologico approvato dal Senato e adesso in discussione alla Camera; l’incompatibilità è evidente, l’incostituzionalità assicurata. Basti pensare all’art. 3, comma 5, dove si prevede che l’alimentazione e l’idratazione non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento ma ancor di più all’art. 7, dove si prevede che il medico possa o meno seguire le indicazioni del testamento biologico, ma deve però tenere conto del principio dell’inviolabilità della vita umana (sic!). Alla faccia della libertà e del rispetto della singola persona, che forse (forse, eh!) è perfettamente in grado di decidere in piena coscienza sulla propria vita.
Un altro esito scontato del giudizio di costituzionalità.